INDIFFERENZA? Visita al Memoriale della Shoah

Lo studio storico e letterario del Novecento porta i ragazzi a scontrarsi con le ombre più tetre del passato europeo. All’inizio di maggio gli alunni di terza della Bachelet hanno visitato il Binario 21, ovvero il Memoriale della Shoah di Milano alla Stazione Centrale.

La visita è stata divisa in due momenti. Nella prima parte della mattinata, le classi hanno avuto la possibilità di esplorare la stazione centrale. Le guide ci hanno spiegato aspetti architettonici e storici importantissimi, che spesso rimangono nascosti ai viaggiatori comuni.

Lo stupore di fronte alla grandezza monumentale della stazione, però, ha lasciato spazio, nella seconda parte della visita, a sentimenti diversi: “Le prime impressioni che ho avuto entrando nel Memoriale sono state ansia e paura, che poi mi sono state riconfermate per tutta la visita” (Lorenzo).

All’inizio del percorso, un muro nasconde alla vista l’interno del memoriale: “Quando siamo entrati nel memoriale, mi ha colpito ritrovarmi davanti ad un muro. Pensavo che un monumento fatto per ricordare fosse aperto, volesse mostrare la realtà e non ciò che vedevano tutti: il nulla, l’indifferenza. La parola incisa su quel muro è, appunto, “indifferenza“, una parola che si collega subito a ciò che provava e doveva provare la gente” (Irene).

I binari sotterranei della stazione, un tempo adoperati per i vagoni postali, vennero utilizzati per caricare migliaia di deportati su venti convogli, stipati all’inverosimile, che viaggiarono tra il 1943 e il 1945 in direzione di vari campi di sterminio, da Fossoli ad Auschwitz. I deportati rimanevano per giorni interi senza cibo né acqua dentro treni originariamente adibiti al trasporto del bestiame. “La cosa più triste è che la gente non si accorgeva di tutte queste persone caricate nei treni” (Filippo): ebrei, prigionieri politici e altri individui sgraditi al regime fascista arrivavano alla stazione nel cuore della notte, in un ingresso laterale situato di fronte all’edificio delle poste.

L’uscita è servita a non relegare la tragedia della Shoah a un paragrafo del libro di storia, a un freddo argomento da studiare a memoria per prepararsi all’interrogazione. Visitare il Memoriale è una possibilità unica (nessun altro sito del genere è altrettanto ben conservato), e “l’atmosfera del posto aiuta molto: il memoriale è semplice ma con delle note di freddezza” (Sofia). L’essenziale è tutto lì, tra binari e vagoni. La testimonianza delle vittime è presente sia nell’elenco di chi è partito (il Muro dei Nomi), proiettato sul muro del binario sotterraneo, sia nella forma di video-racconto: “poter ascoltare da persone che hanno vissuto in prima persona il terribile episodio dell’Olocausto (come Liliana Segre e Edith Bruck) fa capire ancora di più gli eventi ripugnanti avvenuti nei campi di sterminio” (Marta). Intorno, ovunque, ci sono piccoli mucchi di pietre: “uno dei riti funebri degli ebrei è lasciare dei massi sopra le tombe dei defunti, poiché la pietra rimane con il tempo. La pietra non dimentica, i fiori appassiscono mentre essa rimane lì, e da quando l’hai messa non si sposterà e rimarrà dove l’hai piantata, sarà segno del tuo passaggio e della tua memoria” (Irene).

Nel corso dell’uscita i ragazzi hanno provato molte emozioni, spesso in contrasto tra loro. Se c’è una cosa che non hanno provato, però, è l’indifferenza: la provocazione di quanto visto ha dato vita in classe a discussioni profonde e coinvolgenti, che hanno nutrito le loro successive riflessioni rivolte tanto al passato quanto al presente. Scrive Giorgia: “Mi sono resa conto che molto spesso i principi fondamentali dei diritti umani vengono trascurati proprio da noi stessi che più di altri dovremmo farli nostri in maniera sana e responsabile, per non ripetere gli stessi errori del passato e per mantenere viva la memoria di coloro che sono morti”.

Prof. Matone Alessandro con il contributo dei ragazzi e delle ragazze di 3D