24 Apr ROBOT: che sfida! …ma perché questo robot non fa quello che deve fare?
Già nel numero 75 del 2021 della rivista l’Aquilone un articolo raccontava l’esperienza di un’attività opzionale di robotica, per alcuni ragazzi di seconda e terza media. Dopo qualche anno, la proposta è diventata più strutturata, dentro il percorso triennale di Educazione civica, ma il cuore del lavoro è ancora la possibilità di intuire “che la macchina è espressione finale del progetto di una mente umana desiderosa di operare nel mondo”.
Dopo tre anni, quello che stiamo osservando nel creare, in ambito informatico, un percorso più articolato, grazie alle ore curricolari di Tecnologia e Matematica (anche in compresenza), è la possibilità di incrementare nei ragazzi lo sviluppo del pensiero computazionale e del problem solving. Le attività proposte non richiedono competenze informatiche specifiche, ma consentono di esemplificare concetti, di descrivere e applicare procedure per risolvere i più svariati problemi.
Come approccio iniziale nelle classi prime, durante le lezioni di coding, i ragazzi sono stati guidati nella creazione di giochi elementari con l’utilizzo di Scratch, ambiente di programmazione introduttivo che permette di realizzare giochi e animazioni e di risolvere problemi via via sempre più complessi. L’intento è quello di sviluppare, mediante compiti specifici e obiettivi chiari, un’autonomia nell’uso di determinati blocchi logici di programmazione, oltre che di rendere gli alunni sempre più consapevoli nell’uso degli strumenti informatici.
In continuità con questo approccio didattico, nelle classi seconde sono state svolte alcune lezioni di robotica attraverso l’utilizzo di robot educativi che permettono, attraverso problemi concreti che si basano su misurazioni, distanze, rotazioni, proporzioni, di applicare quelle conoscenze di calcolo matematico imparate in classe.
Il lavoro, proposto a piccoli gruppi, permette di sviluppare dinamiche di lavoro cooperativo e di peer-learning (conoscenza trasmessa tra pari) ed è avvenuto anteponendo sempre un’attenta analisi dell’obbiettivo da raggiungere, applicando calcoli matematici e istruzioni che, nella loro corretta sequenza, facevano in modo che un oggetto chiamato robot potesse svolgere in modo esatto i movimenti attesi.
Questo approccio alla didattica ci ha permesso di osservare i ragazzi e individuare competenze trasversali, come il problem solving, il pensiero computazionale, la creatività, il lavoro di squadra, il rispetto delle regole, il pensiero critico, la capacità di analizzare le relazioni causa-effetto e di imparare a stare davanti all’errore. Soprattutto quest’ultimo aspetto è emerso come elemento importante di metodo, anche in ambito scientifico tecnologico, per cui è stato evidente quanto comprendere l’errore sia il primo passo nella risoluzione del problema. L’apparente insuccesso, il risultato che “non torna”, arrivare ad un “punto morto” del processo non è stato, quindi, un momento da temere, ma aiuto, risorsa per ritornare con più energia al lavoro.
Naturalmente questo è lo sguardo del docente, ma diamo ora la parola ad alcuni studenti, per cogliere più da vicino l’esperienza vissuta (e le riflessioni che essa ha suscitato).
“Nelle lezioni di robotica ho appreso che il robot non ha capacità di ragionamento, segue sempre e comunque istruzioni che vengono immesse in modo preciso dall’uomo. Il robot non ha un’intelligenza sua: se sbagliamo a dare un comando, e in questa attività è capitato molte volte, la macchina non capisce che sta sbagliando e fa le cose proprio come le sono state indicate. Ho capito, quindi, che bisogna essere molto attenti e precisi proprio in fase di programmazione. Mi immagino un futuro dove dei robot comanderanno altri robot, ma non so quando questo avverrà.” – De Maio Simone
“Se non avessimo avuto delle conoscenze di geometria e matematica sarebbe stato impossibile programmare i movimenti del robot. Per esempio, abbiamo imparato ad usare il giroscopio per creare una rotazione, a calcolare la distanza che percorre la macchina ad ogni giro completo delle ruote e ad applicare delle proporzioni per definire spostamenti esatti. La macchina può fare calcoli, riconoscere i colori, ma siamo noi a dirle prima quando si deve fermare o quando deve ripetere un determinato movimento, quando mettersi in moto, girare o ritornare al punto di partenza.”- Falco Luca
“Le professoresse ci hanno divisi a gruppi e all’inizio ero un po’ spaventata perché non sapevo proprio nulla di robotica e di che cosa volesse dire far muovere una macchina. Ogni settimana svolgevamo un esercizio nuovo. Seguendo le indicazioni della professoressa, ogni componente del gruppo ha potuto dare il proprio supporto. Infatti è capitato che quello che non avevo capito io era stato compreso da una compagna e viceversa così, con l’apporto di tutti i componenti del gruppo, siamo sempre riusciti a svolgere il compito richiesto: far compiere alla macchina i movimenti che la professoressa ci chiedeva di farle svolgere.” Maino Ludovica
“Noi ragazzi abbiamo utilizzato semplici macchine, ma sul mercato dei social ho visto che ci sono delle persone virtuali (robot) che sono identiche alle persone umane. È proprio difficile vederne la differenza. Questa è una fase di programmazione molto spinta che un po’ mi confonde.” Frontini Nicola
“Il corso di robotica mi ha fatto capire in modo chiaro che dietro una macchina c’è sempre l’uomo che, con le sue conoscenze, riesce a fare in modo che essa si muova e che svolga movimenti prestabiliti da una mente pensante. Nella vita reale, i robot sostituiranno gli uomini in alcune attività e alcuni posti di lavoro spariranno, ma ce ne saranno altri, e magari sarò proprio io il programmatore. L’uomo in questo potrà però trarre profitto perché avrà più tempo per sé stesso o per inventare altre cose in ambito tecnologico.” Doliana Giovanni
“Il corso mi è piaciuto perché ho imparato cosa vuol dire programmare. Ho imparato termini nuovi come giroscopio, ha capito quanta matematica e geometria serve sapere. Quindi rifarei un altro corso l’anno prossimo per capirne di più e imparare a programmare anche cose più complesse.” Di Gennaro Thi Kim Thanh